Quando il vino è kosher
I saggi bandirono il vino di produzione non ebraica essenzialmente per evitare i matrimoni misti, poiché il bere può portare poi all’incontrarsi e così via. Anche prodotti come il brandy e l’aceto di vino devono portare il sigillo di un rabbino.
Secondo la tradizione ebraica il vino ha la prerogativa di essere usato per santificare il Sabato (Shabbat) la festa del riposo che è osservata ogni sabato dal tramonto del venerdì e le altre festività religiose. Per poter essere certificato il processo di vinificazione deve seguire una serie di principi e deve essere controllato in ogni singola fase.
Vino kosher significa vino idoneo e kosher for passover, adatto al consumo anche durante la festa della Pasqua ebraica ed è per questo motivo che l’igiene è necessaria in tutti i processi; le uve devono essere pure (affinché nulla venga a mescolarsi con il vino), l’elaborazione deve avvenire preferibilmente in serbatoi di acciaio inox e non si devono aggiungere prodotti che non siano certificati kosher.
Tutte le operazioni, anche la consegna dei campioni agli enologi, devono essere fatte presentati di volta in volta direttamente dai controlli abilitati.
Dopo aver terminato il loro compito (compreso l’imbottigliamento) e dopo aver ottenuto l’approvazione del rabbino, il vino riceve la denominazione di vino kosher o kosher for passover.
Ciò nonostante, un vino kosher, può smettere di esserlo se non viene aperto e servito da un ebreo osservante, in quanto perderebbe la sua sacralità.
Fasi della produzione:
Pulizia degli impianti (kasherizzazione)
La kasherizzazione delle vasche inizia alcuni giorni prima della spremitura, per poter riempire ogni cisterna d’acqua e svuotarla dopo ventiquattro ore per tre volte consecutive.
Occorre preparare tutti i macchinari (smontarli accuratamente, verificare che tutto sia pulito, passare acqua calda, pulire e preparare tubi, raccordi e guarnizioni nuove) per l’arrivo del primo carico di uva.
La spremitura
Già da questa fase deve intervenire il personale ebraico per ribaltare il camion e far pervenire le uve nella coclea, azionare le pigiatrice, la diraspatrice e le pompe che dirigono il mosto nel tino.
Gli acini
Bucce e semi vengono chiusi e sigillati per essere portati in distilleria dopo aver bollito l’impianto. I prodotti che ne derivano da questa catena sono oramai considerati Mevushal (vino cotto); ad ogni travaso dovrà essere presente l’autorità rabbinica.
Il raffreddamento può essere seguito da una fase di stasi del vino.
Additivi
Eventuali additivi dovranno essere certificati kosher for passover.
Bollitura o cottura
E’ una fase necessaria visto che trasforma la qualità del prodotto rispetto agli addetti professionali e tecnici che dopo questa fase possono intervenire manualmente.
La recente esperienza vinicola collega un pastorizzatore ad un refrigeratore: il vino passa 4 – 5 secondi alla temperatura di 89° Celsius per essere immediatamente raffreddata a 4° C. Tale procedura garantisce un mantenimento delle qualità organolettiche del prodotto senza perdita di aroma e profumo.
Filtraggio
E’ necessario, per poter avere il prodotto Kosher Le Pesach, controllare che i filtri in cellulosa non contengano amidi o derivati da altri cereali. La maggior parte di filtri in commercio, se certificati, rispondono a questi requisiti.
Imbottigliamento
Dopo una preparazione e pulizia dell’impianto è possibile imbottigliare in bottiglie nuove e pulite secondo la normale procedura.
La norma ebraica richiede che vi siano tre segni di riconoscimento della specificità del prodotto:
– l’etichetta (dovrà apparire il nome del rabbino che ha eseguito il controllo e rilascia il certificato)
– eventuale retro etichetta o in alternativa capsula termica
– tappo con segno di riconoscimento o marchio del Rabbinato (sarà l’autorità rabbinica a rilasciare ogni volta il numero di etichette o tappi necessari all’operazione).